L'imposizione delle mani
Dal libro "Principi Occulti di Salute e Guarigione" di Max Heindel
Il trattamento osteopatico e altri metodi analoghi consistenti nell'imposizione delle mani presentano le maggiori difficoltà di applicazione. Questi processi comportano due operazioni ben distinte: la prima ha l'effetto di ritirare dal corpo del paziente le sostanze tossiche e dannose, che hanno attaccato ed avvelenato il suo organismo provocando la malattia. La seconda operazione consiste nel dare al malato la forza vitale ed è quello che fa il guaritore. Ora, se il medico o il guaritore non godono di salute fiorente e rigogliosa, si possono temere due pericoli: o i miasmi del malato che il guaritore ha tolto possono investire quest'ultimo a un punto tale per cui questi prende su di sé la malattia, oppure può rischiare di riversare sul paziente una quantità di fluido vitale così grande da trovarsene alla fine completamente sprovvisto. Questi due inconvenienti possono verificarsi; il guaritore si troverà allora sfinito e sarà costretto a riposarsi.
I magnetizzatori, che in genere operano con sistemi empirici, sfuggono spesso al primo di questi pericoli scuotendo dalle mani il fluido nocivo che hanno asportato. Tuttavia, corrono anch'essi il rischio di indebolirsi. È una cosa alla quale pochi guaritori sfuggono, salvo chi ha la facoltà di vedere sia gli effluvi eterici che ha tolto, sia il fluido vitale che ha trasferito sull'ammalato.
La maggior parte dei malati sottrae forza al guaritore. Più essi sono forti e vigorosi allo stato normale, tanto più esigenti diventano quando sono stati colpiti dalla malattia.
Qui di seguito proponiamo un sistema che permette di evitare i pericoli che abbiamo segnalato. Si tratta, innanzitutto, per il guaritore di fissare fermamente il pensiero in modo tale da non lasciare che gli effluvi negativi, che toglie al malato, penetrino oltre il proprio gomito. Consigliamo, inoltre, a chi pratica l'imposizione delle mani di allontanarsi di tanto in tanto dal paziente durante il trattamento per lavarsi le mani in acqua corrente, se possibile, oppure di tenere vicino a sé una catinella piena d'acqua, che dovrà cambiare spesso dopo essersi lavato le mani.
In questo caso l'acqua ha un ulteriore effetto: l'umidità che resta sulle mani del guaritore gli permette di estirpare in misura maggiore i miasmi del paziente di come avverrebbe con le mani asciutte. Questo fenomeno risponde al medesimo principio in base al quale quando i due elettrodi di una batteria sono immersi nell'acqua, le scariche percepite mettendo le mani nell'acqua saranno molto più forti ed intense del solito. Il guaritore è come una batteria. Con le mani bagnate attirerà in maggior quantità le sostanze nocive. Se non gli è possibile procurarsi dell'acqua, gli rimane la risorsa di scuotere le mani verso l'esterno, ma in questo caso bisogna fare attenzione: queste sostanze nocive vengono attirate verso terra in virtù della legge gravitazionale; esse si presentano agli occhi del chiaroveggente come una gelatina scura, quasi nera, che, se gettata sul pavimento, vi aderisce.
Se l'ammalato, alleviato dal trattamento del guaritore, si alza e passa dove questa sostanza velenosa è stata buttata, essa rischierà di rientrare nel suo corpo e l'ammalato potrà trovarsi in una condizione peggiore di prima. Il sistema migliore è ancora quello di scuotere le braccia fuori dalla finestra, oppure, meglio ancora, su un camino e accendervi poi il fuoco.
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